Vincenza Armiento

“Non è giusto tradire un sogno, quando la vita ci tradisce.”

Avevo 16 anni e quarantadue chili fasciati di nero. Mia madre mi aveva lasciata senza uno scritto, senza una ragione che fosse a me comprensibile: da tre anni aspettavo che lei tornasse. Tornò un giorno d’ottobre, tirata fuori da un’ambulanza, distesa su di una barella, coperta.  L’avevo attesa mentre lottavo contro mio padre che aspettava che io crollassi perché a 13 anni, con due sorelle di dieci e otto anni più giovani, senza alcun parente che accudisse le bambine divenute figlie, io figlia e madre di me stessa, dovevo crollare. Mancavo da scuola da quindici giorni, da quando mia madre fu ricoverata la prima volta e mio padre mi aveva “ritirita”. Il mio prof di matematica convinse mio padre a farmi riprendere gli studi. Il preside, in barba a tutti i regolamenti, mi permetteva di portare la sorella minore a scuola quando proprio non sapevo a chi lasciarla, la sfida era iniziata.

Vinsi io, che trovai nello studio consolazione, nella riuscita il riscatto verso ciò che la vita mi aveva tolto. Dopo alcuni mesi dalla morte di mia madre, mio padre si risposò e io continuai la mia lotta all’Università. Non avevo neanche il sufficiente per mangiare e molte volte saltavo i pasti.

Presi a studiare e pulire le case dei ricchi, le umiliazioni e le privazioni con una meta nel cuore che ora insegno: la riuscita. Non è giusto tradire un sogno, quando la vita ci tradisce. Di questo e altro ne ho fatto romanzo, ogni pietra che mi ha raggiunta nelle carni ho raccolto per farmi casa.

Booktrailer promo del romanzo La voce delle pietre