“Da medico in formazione, durante l’Erasmus a Bruxelles mi sono resa disponibile nel triage Covid. È stata l’esperienza più formativa e arricchente della mia vita.”
Studio alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università di Bologna e il mio quinto anno è iniziato con qualche grande novità: ho fatto le valigie e sono partita verso una meta lontana, Bruxelles, per intraprendere l’avventura del programma Erasmus+. Qui, nella capitale dell’Europa, ho iniziato a studiare e a frequentare le lezioni all’ULB (Universitè libre de Bruxelles), con compagni di avventura allora ancora sconosciuti e in una lingua diversa. Mi sono ritrovata sola, catapultata in una città che non conoscevo, con persone che non avevo mai visto prima, a frequentare posti che non mi appartenevano. Detta così può spaventare, e non vi nascondo che la paura è stata la mia fedele compagna i mesi prima di partire. Non credevo di essere all’altezza di un’esperienza del genere, tanto intensa quanto completa, finché non ho avuto il coraggio di mettermi alla prova: ed è così che ho scoperto, non appena ho messo piede in terra belga, che non avrei voluto essere in nessun altro posto. E questa sensazione di essere nel posto giusto al momento giusto, questa gratitudine per l’immensa opportunità che mi è stata data e la curiosità di scoprire ogni sfaccettatura di questo viaggio, mi accompagnano dal primo giorno.
Ho potuto conoscere nuove culture, perdermi per strade nuove e fotografare piazze di città che ora profumano di casa; ho imparato a riconoscere i supermercati più convenienti e ho trovato i miei “negozi” di fiducia, mi sono seduta in bar e ristoranti che ho riempito di ricordi, di risate, di amici che rimarranno compagni di serata, mentre altri so che resteranno compagni di vita; ho parlato e studiato in una lingua non mia, che ora mi appartiene e che non voglio perdere; ho condiviso momenti ed emozioni con ragazzi provenienti da tutto il mondo, che diversamente mai avrei potuto conoscere; ho instaurato rapporti profondi e costruito legami che mi porterò dentro per sempre; ho avuto anche il privilegio di conoscere tante persone che mi hanno indicato la via quando ero persa, o semplicemente mi hanno dimostrato la loro disponibilità e mi hanno arricchito senza nemmeno sospettarlo: tra i tanti anche studenti, specializzandi, professori e medici che mi hanno ispirata e aiutata nel mio percorso formativo, e che spero di ritrovare prima o poi nel mio futuro professionale.
Il mio programma di scambio, oltre alla possibilità di frequentare i corsi inseriti nel mio piano di studi e sostenere i rispettivi esami, mi ha permesso di svolgere i tirocini curriculari negli ospedali di Bruxelles.
Gli stages si sono rivelati in assoluto la parte più formativa e interessante, sul piano professionale e linguistico, dell’intera esperienza: qui a Bruxelles, infatti, gli studenti sono abituati ad essere parte attiva e produttiva del sistema sanitario, lavorano in autonomia, seppur guidati e supportati dalle figure superiori, e hanno modo di approfondire in maniera pratica gli ambiti di loro interesse. Ho potuto vivere un ambiente che richiede rigore e competenza, ma che offre i mezzi giusti e la libertà di sperimentare a chi. Si tratta di un impegno reale, che però gratifica enormemente e il cui ritorno in termini di profitto formativo e umano è inestimabile.
Nel mio caso ho frequentato il reparto di urgenze per tutto il mese di febbraio, quello di neurologia a marzo e avrei dovuto continuare con lo stage di pediatria nel mese di aprile: a causa dello scoppio dell’emergenza coronavirus, però, l’università ha dovuto sospendere tutte le attività, tirocini compresi, e così mi sono ritrovata da sola in casa, in una situazione che mai mi sarei aspettata di vivere, tantomeno durante il mio anno di mobilità all’estero. Ho scelto comunque di restare, sia per rispettare la quarantena del mio paese, sia perché non ero ancora pronta a lasciare questa città: ad oggi posso dire di aver preso la decisione giusta, visto che qualche settimana dopo gli ospedali di Bruxelles hanno iniziato a reclutare studenti volontari nelle aree covid-19 per aiutare a fronteggiare l’emergenza, ed è così che ho potuto inserirmi in un gruppo di tirocinanti per dare il mio contributo.
Avevo tante aspettative prima della mia partenza, alcune si sono avverate, altre si sono superate e altre sono state completamente stravolte, ma nonostante tutto, nonostante una pandemia mondiale e qualche imprevisto, posso dire con certezza che questo Erasmus rimarrà una delle esperienze più incredibili della mia vita.
A casa tornerà una Laura sicuramente diversa, più grande e indipendente, più sicura e consapevole, ma soprattutto più ricca.