Ahmad Ali Taha

“Mi occupo del progetto Sprar per minori stranieri non accompagnati. Comprendo il dolore e la paura di questi ragazzi in fuga da soli.”

Mi chiamo Ahmad Taha, ho 27 anni, sono nato in Iraq ma sono di origine palestinese. La mia storia e quella della mia famiglia sono segnate dagli spostamenti dovuti alla guerra. Ogni volta abbiamo perso tutto a causa dell’odio e ogni volta abbiamo ricominciato. Nel 2006 la mia famiglia fu costretta a fuggire in fretta dall’Iraq, perché mio padre, un affermato ottico di Bagdad, era stato accusato ingiustamente di essere compromesso con il passato regime di Saddam. Riparammo a Damasco grazie a dei documenti falsi, ma fummo scoperti e trasferiti in un campo profughi palestinese. Quel poco che avevamo ricostruito era perduto.

L’UNHCR riuscì a portarci via di lì offrendoci la possibilità di venire in Italia.

 

Qui ho ricominciato da zero, lavorando per sostenere tutta la mia famiglia. Avevo un grande alleato, lo studio, che mi è servito sia per conoscere la lingua, che per conoscere la cultura italiana. Oggi lavoro assistendo i minori che vivono nelle case famiglia del protettorato San Giuseppe a Roma, i cui servizi sono garantiti dalla cooperativa Auxilium. Il lavoro ha rafforzato la mia integrazione in Italia ed il senso di appartenenza.

 

Attualmente mi occupo del progetto Sprar per minori stranieri non accompagnati, dove opero come mediatore linguistico oltre che come operatore. Poter lavorare con adolescenti che fuggono da soli senza un’idea di futuro è per me importante, e credo di riuscire a comprendere il loro dolore, la loro paura, il loro sentirsi abbandonati. Ed è una cosa che fa crescere, perché quando senti il tuo dolore vuol dire che sei vivo, ma quando senti il dolore dell’altro vuol dire che sei umano.