Chiara Curia

“Mi era rimasta una sola carta da giocare: quella borsa di studio Erasmus, già vinta, Valencia è stato il mio anno 0: da lì sono ripartita, e non mi ha fermato più nessuno”

Diciotto anni è un’età bellissima, il mondo sembra fatto di schiuma e tu sei il padrone del mondo che cammina, calpesta, ricrea. Avevo 18 anni e lasciavo la Calabria alle spalle alla volta dell’Università: studentessa brillante in uno dei licei più prestigiosi della regione, mai un problema, solo il desiderio di studiare, perché studiare è sempre stato il mio sogno.

 

In uno dei territori in cui l’abbandono scolastico è fra i più alti d’Italia, avere una storia vincente è una medicina: ti riempie le tasche di belle speranze e di un futuro che sembra essere certo.

Avevo vinto una borsa di studio in un collegio d’eccellenza fra i migliori d’Italia, mi aspettava Roma, una facoltà che amavo già nel nome, tanti sogni da realizzare, panorami da vedere.

 

I primi due anni di università ho tenuto botta, ho lottato in università, contro libri che non finivano mai ed esami estenuanti. Il terzo anno il crollo: in una sessione, quella più lunga, non sono riuscita a portare a casa neanche un esame. Per la prima volta in vita mia la mia corsa si era fermata. Ho passato l’estate decisa a mollare, perché avevo una sofferenza dentro cui non sapevo dare parole.

 

Mi era rimasta una sola carta da giocare: quella borsa di studio Erasmus, già vinta, diretta a Valencia. Sono partita senza grandi speranze, sono tornata a casa Io. Dopo essere stata schiacciata per anni dal peso delle responsabilità e della perfezione, la Spagna mi ha curato e mi ha restituito la mia gioventù, il mio tempo, il sorriso. Valencia è stato il mio anno 0: da lì sono ripartita, e non mi ha fermato più nessuno.